martedì 16 ottobre 2012

Pietro

Era sorridente.
Spesso colorato. Portava un giaccone impermeabile verde fosforescente, che lo potevi riconoscere da lontano.

Parlava toscano perché veniva da Pisa. E faceva un lavoro di quelli difficilissimi e da maschio come ingegnere aerospaziale o qualcosa di simile.
Si era fatto eleggere rappresentante della classe del mezzonano perché era pieno di iniziative e sempre disponibile.

Suo figlio piccolo andava al nido con il mezzonano già due anni prima e anche lì lui si era dato da fare per aggiustare il cancello di entrata e per sistemare le piante dell'ingresso.
Era fatto così: non dovevi nemmeno chiedere che lui ci aveva già pensato.

Aveva deciso di scegliere un simbolo per la classe l'anno scorso e aveva proposto l'uomo vitruviano di Leonardo perché l'uomo è quella macchina perfetta che si inscrive armoniosamente nelle figure del cerchio e del quadrato.

Aveva una figlia più grande biondissima e paffuta che incontravamo sempre in giro per la scuola o in cortile.
Il figlio era l'unico bambino della classe con cui il mezzonano aveva legato.

Quest'anno si sono trasferiti.

Lui non è più il nostro rappresentante di classe e alla fine l'uomo vitruviano non è stato stampato sulle visiere dei venticinque cappellini per le gite.

Pietro si è ammalato di quella malattia terribile e definitiva che non lascia speranze.
Non risponde più ai messaggi né alle telefonate. Non ci riesce.

M se lo immagina sempre all'uscita di scuola con la sua giacca a vento verde fosforecente e la piccola borsa a tracolla a proporre qualche nuova idea con entusiasmo e passione non comuni e da giorni non riesce a pensare a altro che ai suoi due bambini quella biondissima e l'unco amico del mezzonano e alla sua M rassegnata e forte. 
E al fatto che a volte l'uomo non è proprio quella macchina perfetta che lui credeva.

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