mercoledì 22 novembre 2017

novembre 2017

Tutte le cose,
quelle belle, quelle brutte, quelle che erano belle e poi sono diventate brutte;
quelle che sono sempre state così e così,
quelle facili e quelle meno facili;
quelle lunghe e quelle che durano poco;
quelle utili e quelle che non servono a niente,
quelle di cui sei al corrente e quelle che ignori,
quelle che fanno stare bene e quelle che fanno stare di merda.

Quelle che si credono infinite;
quelle che sembrano insuperabili,
quelle che dipendono da te e quelle che sono da te indipendenti;
quelle necessarie, 
quelle volute e quelle che capitano per caso.

Quelle a cui tieni da morire e quelle di cui non ti frega niente,
quelle a colori e quelle in scala di grigi;
quelle che riguardano solo te e quelle che condividi con altri.

Tutte, proprio tuttissime le cose, hanno sempre due elementi in comune: un inizio e una fine.
Che tu lo voglia o meno,
che tu dia loro una direzione oppure che le lasci andare dove vogliono, hanno tutte un inizio e una fine, sempre.

L'inizio è sempre un'incognita.
La fine invece può prendere svariate pieghe: 
può essere dolorosa certo, oppure,  a volte, liberatoria. 

Può essere attesa come una soluzione, o essere paventata come il peggiore dei mali.
Può essere agita o subita, prevista o inaspettata, sperata o ignorata. 
Può essere scontata, ma più spesso può sorprendere.
Può essere obbligata e può essere una scelta.

E può essa stessa essere un'incognita: quando diventa l'inizio di qualcos'altro.

Il mese di novembre ha un significato preciso per M, quello della fine. E anche quest'anno non si è smentito.







giovedì 9 novembre 2017

Il tallone di Achille

M si è presentata all'appuntamento incuriosita e puntuale con il suo tallone d'Achille ben nascosto sotto uno dei suoi calzini a righe.
Lui era già lì con quella voce da speaker radiofonico e un leggero accento che la fa vagare tra la toscana e il sud senza collocarla in nessun luogo preciso.
Si sono seduti dalla stessa parte della scrivania perché la regola numero 1 di questi incontri qua è mettersi in una posiziona di parità.

M sarebbe stata bene anche se tra loro la scrivania fosse rimasta perché lui non ha l'aria del prof e nemmeno del capo. Troppa poca la differenza delle loro età  per avere quella del papà anche se un po' lo ricorda nella forma del viso e nellattaccatura dei capelli e in qualcos'altro che è fuggito via prima che lei riuscisse a coglierlo.

Hanno parlato e per un po' tutto ok.

Poi il tallone si è scoperto ed è stata subito nebbia tra loro e trucco sulle guance per lei.
Ma la nebbia è presto passata, lui ha capito anche se M ha avuto la sensazione che in qualche breve momento lui fosse distratto, forse assonnato vista l'ora post prandiale.

Ieri M ha avuto il primo dei tre colloqui con il suo mental coach.
È  un'opportunità che lel ha offerto l'ufficio, ma siccome per lei l'ufficio è solo una cornice dove su muovono personaggi e si formano storie, hanno parlato di tutt'altro.
M non sa cosa lui abbia pensato di lei, probabilmente non sarà mai un buon manager ma questo già lo aveva intuito da sola. Sa però di essere una buona persona e questa è la sola cosa che conta per lei. In ogni caso potrà scoprire cosa ha pensato lui tra un mese, al loro prossimo incontro.
E al solo pensiero prova un leggero senso di piacevole vergogna.

lunedì 6 novembre 2017

Remember Paris (1995)

E' alta come un uomo alto,
magrissima;
ha i capelli ricci e scuri, un sorriso contagioso e 44 di piede anche se dichiara un paio di numeri in meno.
Parla cinque lingue, tra cui un italiano che sembra musica.

E' instancabile: potrebbe girare a piedi per giorni e giorni senza mai ricordarsi di mangiare nè fare pipì.
E' single e non ha figli e questo è davvero "pena" come dice lei, che sarebbe "peccato" da noi, perché è buona, dolce, paziente, sensibile, affettuosa e ha una memoria da elefante che M le invidia parecchio.

E' l'amica di Barcellona che M conobbe a Parigi nella sua vita numero 1, quando vinse una borsa di studio e per un po' visse lì in un losco monolocale con gli specchi al soffitto e il bagno senza porte nel cuore del quartiere latino.
Da allora (1995) M e Isabel si sono viste nelle poche occasioni in cui M hostess, nella sua vita numero 2 tra il 1997 e il 1999, passava per Barcellona e la invitava a condividere i lettoni a cinque stelle, le chiacchiere, le confidenze e la colazione in camera. 

Poi non si sono più viste. 

M le scrisse una lunga mail, di cui non ha memoria alcuna, quando scoprì di aspettare il nano numero 1, in cui le confidava dubbi e gioie. Poi si sa la maternità il lavoro, case - libri - auto - fogli di giornale (come dice Celestina e Tiziano prima di lei), e non si sono sentite più.

Questo fine settimana Isabel era a Roma e si sono riviste dopo quasi venti anni. M sentiva un leggero imbarazzo mentre andava all'appuntamento sabato ma appena l'ha riconosciuta da lontano altissima in mezzo agli altri, l'ha invitata a cena a casa per farle conoscere i nani e farle assaggiare le due cose che sa cucinare.
Isabel è identica a come era a Parigi, e nei due giorni che è rimasta a Roma ha visitato cose di cui M ignora l'esistenza: catacombe, chiese, strade, musei; ha messo la mano nella bocca della verità e l'ha ritratta tutta intera, ha mangiato supplì scambiandoli per arancini e si è seduta a lungo in una chiesa ad aspettare il sole.

Poi a cena si sono ritrovate a ricordare, ridere e confidarsi come se non fosse passato un giorno, davanti a un paziente e variegato pubblico di tre maschi.